Terre AbbanDonate è un progetto che mette insieme la domanda di terre da coltivare con l’offerta di terre incolte. Nasce nel biellese, ma potrebbe essere replicato in tutta Italia. La filosofia che lo muove è semplice: permettiamo a chi vuole “sporcarsi le mani” di farlo “pulendo” le terre soggette a degrado e creiamo – contestualmente – occasioni di socialità e qualche spunto di autosufficienza alimentare.
L’Italia è costellata di terre agricole non più coltivate e di giovani (e meno giovani) che vorrebbero iniziare a coltivarle. Dall’idea di mettere insieme la domanda e l’offerta nasce nel biellese Terre AbbanDonate, un progetto dell’associazione Let Eat Bi – il Terzo Paradiso in terra biellese che nasce dall’incontro tra associazioni, cooperative, imprese sociali, operatori economici e comunità territoriali unite dall’amore e dal rispetto della terra.
La piattaforma raccoglie una mappatura dei terreni abbandonati disponibili e mostra tutti i coltivatori interessati ad “adottare” un terreno abbandonato, con l’obiettivo di «portare allo sviluppo di buone pratiche di cura, difesa e valorizzazione del territorio locale, incentivando la creazione di legami sociali duraturi e lo scambio di saperi tra generazioni e culture diverse».
In questo modo, non solo vengono arginati gli episodi di abbandono e degrado del paesaggio rurale, ma si favorisce il recupero delle tradizioni e il senso di appartenenza ad una comunità fondato sull’aiuto reciproco.
I promotori vogliono rendere il biellese un banco di prova per testare un modello che ha tutte le caratteristiche per essere esportato in futuro in altre zone del territorio nazionale.
Come si legge sul sito, «sappiamo che spesso è difficile rendere nuovamente produttiva una terra incolta da anni, invasa da erbe e piante infestanti. Inoltre, può rivelarsi complicato capire quale sia la “vocazione” della terra di cui ci si prende cura, quali specie vegetali e quali coltivazioni siano adatte. Ma sappiamo anche quanto sia importante farlo per il nostro territorio e quanto possa risultare gratificante per chi gode poi dei risultati!».

Come funziona la piattaforma?
In un modo molto semplice! Innanzitutto, se si è in cerca di un terreno da coltivare, basta iscriversi all’Anagrafe dei Coltivatori, e creare un profilo visibile a tutti sul sito di Let Eat Bi. In questo modo è possibile individuare, alla sezione Catasto Terreni, l’appezzamento che fa al caso proprio, sulla base delle caratteristiche indicate come la localizzazione o le dimensioni. Nel momento in cui si individua il terreno, è possibile, infine, procedere per formalizzare lo scambio!
Nel caso si fosse intenzionati a “donare” un terreno è possibile creare una “Carta d’identità” del proprio appezzamento, fornendo le indicazioni sulla localizzazione, le dimensioni e le caratteristiche generali, con fotografie e consigli da dare agli aspiranti agricoltori. La “donazione” del terreno non comporta di fatto un passaggio di proprietà: si continuerà ad essere proprietari del proprio terreno, che verrà affidato ad un altro soggetto per un periodo che verrà concordato insieme.
La prima fase di contatto coinvolgerà l’associazione Let Eat Bi nella comunicazione del terreno interessato. Saranno in seguito le parti coinvolte a stabilire autonomamente le modalità effettive di accordo giuridico con cui regolare i rapporti di uso del terreno. In questo caso è fondamentale che coloro che intendono donare un terreno lo facciano nel rispetto della promozione di un’agricoltura naturale, ecologica e che non faccia uso di sostanze chimiche.
Per saperne di più abbiamo contattato Armona Pistoletto, Presidente dell’associazione Let Eat Bi. Armona ci racconta come il progetto piaccia moltissimo ma incontri qualche difficoltà nel convincere le persone a mettere a disposizione i propri terreni incolti: «Vogliamo trovare le risorse per poter avere una persona che segua direttamente i potenziali terreni da riusare. É fondamentale, infatti, conoscere personalmente i proprietari, vedere il terreno, creare un collegamento. È difficile fare pubblicità del progetto e far sì che le persone siano interessate ad offrire un terreno senza prima conoscersi direttamente. Nel momento in cui ci si incontra, si attiva la fiducia reciproca e il progetto funziona meglio».
Coltivare va bene, ma insieme
Armona ci racconta come negli ultimi anni il progetto sia evoluto. Alcune persone che hanno preso in gestione un terreno abbandonato, infatti, si sono rese conto di non essere in grado di coltivarlo e di avere bisogno (e voglia) di collaborare con altre persone, possibilmente più esperte. In questo ambito, Let eat be è molto d’aiuto perché «aiuta a trovare altre persone interessate ed anche a reperire fondi. Si attivano così orti e saperi condivisi. Questa necessità si è resa evidente durante la pandemia. Le persone hanno sempre più voglia di stare all’aperto, vicino alla natura, e fare anche di coltivare per l’autosufficienza».
Il futuro «Immagino – confida Armona in chiusura – centinaia di terreni affidati a chi è pronto a coltivarli permettendo così alle persone di produrre la propria frutta e verdura, ottenendo una maggiore autonomia (ancor più fondamentale con le crisi di questo momento storico). Vogliamo quindi che i terreni vengano coltivati e speriamo che lo siano attraverso i principi della permacultura che a loro volta generano un’agricoltura che non impoverisce il terreno ma gli dà vita e che permette di produrre cibo anche in condizioni di scarsità idrica».