Alice Cerutti produce riso arborio antico all’interno della sua proprietà, Cascina Oschiena, cercando di mantenere integre e qualitativamente elevate le proprietà del cereale. A questo obiettivo si aggiunge anche quello di salvaguardare ambiente e paesaggio, ricreando l’habitat naturale per le specie animali e vegetali autoctone. Dal 2019 un quarto dell’intera area è stata trasformata in un’oasi naturale.
A circa 15 km da Vercelli, nel comune di Crova, si trova Cascina Oschiena, dove da oltre 500 anni si coltiva riso a seguito della bonifica voluta dai Monaci Benedettini. Nella zona si contano più di cento varietà, dall’Arborio al Carnaroli, quelle più tradizionali, al nero, rosso, tondo e con il chicco lungo aromatico per le varietà più particolari. Non è un caso che Vercelli sia oggi Capitale Europea del riso e abbia la borsa merci dove la quotazione, proveniente dai campi, viene battuta tutti i martedì mattina.
Nel 2008 Alice Cerutti ha deciso di dedicarsi alla cascina che il nonno aveva acquistato più di 70 anni fa e che non era mai stata gestita direttamente da nessuno dei suoi familiari. Così grazie ad una serie di circostanze favorevoli, a giovani agricoltori che hanno saputo darle i giusti consigli, ha deciso di intraprendere questa nuova avventura con uno sguardo più attento alla biodiversità e alla sostenibilità ambientale.
«Da subito abbiamo cercato di coltivare in modo più sostenibile facendo riferimento a indicatori di biodiversità concreti, attraverso la piantumazione di piante, il riempimento di argini, filari di arbusti e alberi, sommersione anticipata della risaia a favore della biodiversità acquatica. Abbiamo cercato di ripristinare tutto il ciclo di vita intorno alla risaia, con l’obiettivo di permettere alla flora spontanea e a insetti, farfalle, libellule e uccelli migratori di tornare a ripopolare l’area» racconta Alice.
Nel 2019 circa 25 dei 100 ettari, un quarto dell’intera cascina, da sempre coltivati a riso, sono stati trasformati in un’oasi naturale grazie alla progettazione durata 4 anni con naturalisti, esperti di avifauna, botanici, entomologi ed erpetologi. All’interno di questa oasi 6 ettari sono di bosco planiziale, oltre 5000 sono le piante piantate e oltre 10 km i solchi creati per la biodiversità. Negli ultimi 15 anni la presenza degli uccelli migratori, simbolo della fauna risicola, come la pavoncella, il cavaliere di Italia e la pittima reale era crollata dell’80%. In meno di 3 anni si è registrato un incremento visibile e la natura si è riappropriata di questa area.
L’oasi è stata realizzata grazie anche al contributo di un finanziamento del Piano di Sviluppo Rurale. Uno strumento comunitario che permette ai paesi membri dell’Ue di attuare politiche specifiche per le aree rurali come, ad esempio, misure a sostegno degli investimenti e della sostenibilità ambientale.
«Devi crederci molto perché i fondi sono fondamentali, ma non bastano. Anche noi abbiamo contribuito economicamente all’impresa. Non riceverlo avrebbe reso tutto più complicato e avrebbe richiesto più tempo, inoltre gli ettari interessati sarebbero stati meno. Ma si può fare, noi abbiamo iniziato anni fa senza nessun aiuto. È un impegno, ma anche una scommessa. La qualità del cibo che arriva nel piatto costituisce solo il 20% del totale, il restante 80% è dato da ciò che c’è a monte, dal tessuto umano e ambientale che l’ha prodotto. Rende di più coltivare riso, ma per noi non è più sufficiente conservare, bisogna restituire all’ambiente. E la qualità della vita passa anche da questo. È un concetto olistico a tutto tondo» continua Alice.
Si tratta di un modello replicabile? Sembra proprio di sì!
Sono diverse le aziende che hanno deciso di coltivare in modo sostenibile e applicare alla terra un processo simile a quello introdotto a Cascina Oschiena. Gli agricoltori che aiutano e agevolano il rispetto per l’ambiente possono inoltre usufruire facilmente dei fondi a disposizione, ma è necessario abbandonare ogni velleità speculativa.
Scelte del genere hanno altri tipi di rendimenti che si mantengono nel tempo. «Sempre più consumatori apprezzano e riconoscono l’importanza di azioni di questo tipo. Abbiamo un rapporto diretto con un pubblico fidelizzato, con i privati, con i GAS e i negozi a cui trasmettiamo i valori di Cascina Oschiena. Per loro diventa una scelta etica. Chi sposa il nostro prodotto sa che contribuisce al ripopolamento di un’oasi, al ripristino della biodiversità e di un ecosistema più forte. E poi la redditività non va vista solo nel breve periodo, noi coltiviamo arborio antico che produce meno rispetto alle varietà nuove. Abbiamo dato vita a corsi di fattoria didattica, i turisti vengono in cascina a visitare l’oasi. La multidisciplinarietà rende più resilienti in un momento di crisi perché dall’incertezza si crea evoluzione, senza contare la soddisfazione personale».
Alice non sembra avere dubbi, è felice dei risultati ottenuti e di come la natura comincia a prendere vita in pochissimo tempo e a rispondere. Ai giovani agricoltori che decidono di avvicinarsi alla terra consiglia di «crederci, molto!» e di iniziare un percorso concreto, reale e serio perché le opportunità, prima o poi, si paleseranno. Percorsi difficili, ma realizzabili con dedizione e cognizione, senza fretta, partendo dal rivalutare e rivedere il concetto di redditività che non va considerato solo per un futuro imminente, sempre più incerto, mutevole e quotidianamente minato, ma anche quello un po’ più lontano, che si lascia in eredità ai propri figli e a chiunque verrà dopo.